Pubblicato il 26/11/2024 da Luca Pessina
voto
8.0
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Con il nuovo “Dreaming The Strife For Love”, i Bedsore rimescolano coraggiosamente le carte del loro progressive (death) metal, avventurandosi in un terreno sonoro dove il sogno e la malinconia si fondono in una narrazione particolarmente sofisticata. Sin dalle prime note, è evidente che il quartetto romano ha fatto un balzo in avanti rispetto al già complesso e acclamato “Hypnagogic Hallucinations” e allo split con i Mortal Incarnation: se nel debutto del 2020 e nella suite “Shapes from Beyond the Veil of Stars and Space” la band esplorava un death metal psichedelico e atmosferico, ora ci troviamo di fronte a un’opera che fa della sua natura prog anni Settanta un pilastro centrale, avvolgendo l’ascoltatore in un percorso che ricorda gli scenari surreali del romanzo rinascimentale Hypnerotomachia Poliphili, a cui i Bedsore si ispirano esplicitamente.
Il concept di “Dreaming The Strife For Love” prende forma come un viaggio allegorico nei meandri del desiderio e dell’abbandono, trasformando l’amore in un percorso ricco di sfide, popolato da visioni di templi pagani, giardini incantati e simboli arcani. Le influenze prog, che prima coloravano solo l’atmosfera, ora si fanno carne e ossa della composizione, esprimendo il carattere ricercato del disco e creando uno spazio sonoro che richiama tanto le visioni di Goblin quanto le atmosfere di band death metal contemporanee come Morbus Chron/Sweven e Venenum.
Bastano le prime battute per intuire che quanto proposto sia un lavoro maestoso e strutturato, che richiede di essere esplorato più e più volte per poterne cogliere appieno la complessità. Gli arrangiamenti sono lussureggianti e a tratti sfarzosi, con i synth, il mellotron e l’organo che non solo aggiungono spessore alla struttura dei brani, ma ne prendono spesso la guida, sostituendosi alla chitarra come strumento trainante e nell’impostazione melodica, aprendo così nuove dimensioni sonore per il gruppo.
Questa scelta amplifica ulteriormente l’impronta prog settantiana del disco e, con essa, il suo mood nostalgico: la scelta dei Bedsore di rendere questi strumenti elementi centrali nella narrazione, porta alla creazione di paesaggi sonori tutto sommato inediti per il progetto, in cui l’elemento tastieristico fornisce un apporto pressochè costante, stravolgendo le basi e le regole di quella che sino a oggi, al di là delle copiose influenze esterne, poteva ancora essere considerata una proposta di matrice death metal.
Oggi il quartetto, anzichè utilizzare la componente avantgarde come sovrastruttura decorativa rispetto alla matrice metal, procede invece in una direzione diversa, se non addirittura opposta, inserendo elementi abrasivi come contrappunti di tensione in un tessuto progressive, creando così una sintesi autentica e non solo un accostamento tra generi.
In un contesto di ulteriore stratificazione sonora, “Dreaming…” conserva perciò le radici death metal del gruppo, tuttavia ai riff e alla componente estrema in generale viene spesso affidato un ruolo di supporto nel tessuto dell’album, comparendo e scomparendo come ombra all’interno di una foresta fitta di suoni. Il death metal qui è una presenza costante, ma meno amplificata rispetto al passato; emerge quasi come un’eco, un ricordo sfocato che trova il suo posto all’interno della narrazione piuttosto che imporsi come il centro gravitazionale del disco. Le influenze di gruppi come gli stessi Morbus Chron o gli ultimi Obliteration sono ancora percepibili, ma questa volta reinterpretate all’interno di uno stile ancora più arioso, a tratti vagamente opethiano, con una fluidità che impedisce al sound di appesantirsi e incupirsi troppo.
Infine, la decisione di cantare in italiano aggiunge al disco una componente intima e quasi esoterica, rendendo il tutto ulteriormente personale: la lingua madre sembra dare nuova forza espressiva a Jacopo Gianmaria Pepe, la cui voce sofferta e graffiante si adatta perfettamente alle atmosfere cangianti dell’opera, trasformandosi in uno strumento narrativo a tutti gli effetti. Le parole evocano immagini che spaziano dall’arcano al fantastico, aggiungendo una patina poetica e dando vita a un immaginario che mescola certa tragicità del sentimento amoroso con un senso di scoperta e di abbandono spirituale.
Detto di una produzione spaziosa e avvolgente, che sottolinea al meglio i ricchi arrangiamenti rendendo le canzoni delle vignette narrative che oscillano di continuo tra orrore e meraviglia, tra solennità e inquietudine, “Dreaming The Strife For Love” è un album che colloca i Bedsore in una dimensione nuova, molto più teatrale e visiva. Siamo davanti a un’opera che dimostra quanto si possa ottenere quando l’ispirazione e l’intuizione artistica incontrano la tecnica e un concept interessante, lasciando intravedere un futuro più che promettente per questo gruppo coraggioso, in continua evoluzione e al contempo sempre squisitamente concreto.